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In questo libro l'itinerario poetico di Giuseppe Rosato verso l'indicibile e l'invisibile, un cammino solitario e doloroso, fatto di atmosfere che non si possono definire, di certezze del cuore, di sensazioni che lo sfiorano appena, di ombre che diventano "cosa salda" e di una nostalgia bruciante della donna amata. Un percorso non facile quello di chi si è proposto di analizzare una condizione esistenziale, nel tentativo di entrare, rimanendo sulla soglia, nella dimensione filosofica della sua poesia. Ne emerge il ritratto di un poeta che usa in modo armonico l'italiano e il dialetto, governandoli con il rigore e la genialità di un grande direttore d'orchestra, quasi fossero una cosa sola con lui, dotato com'è "di un'eccellente conoscenza e capacità d'uso della strumentazione retorica, di una singolare compattezza espressiva, di scelte lessicali, infine, profondamente motivate" (A. Serrao). Nella sua lingua frentana, una variante pedemontana dell'abruzzese, Rosato riversa la propria visione dell'esistenza, inquieta e problematica.
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