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Questo volume esplora l'essenza della supervisione o, detto alla lacaniana, del controllo, come strumento cruciale della formazione e della prassi psicoanalitica. Attraverso i contributi di Massimo Recalcati, Luis Izcovich, Francesco Giglio, Thatyana Pitavy e Nancy McWilliams, l'opera esamina l'importanza del confronto clinico e del continuo interrogare la pratica, evidenziando come la consapevolezza della propria mancanza di sapere sia essenziale per un'azione clinica efficace ed eticamente responsabile. La supervisione è, infatti, un antidoto alla superbia, vera e propria malattia professionale dell'analista. Per Lacan sulla nave analitica lo psicoanalista è "il solo capitano a bordo dopo Dio", ma è bene comunque non dimentichi che molti degli apprezzamenti che riceve non sono veramente diretti a lui, essendo egli nient'altro che il rappresentante dell'inconscio, l'asino che durante la processione porta l'atteso santo sulla groppa. Nulla di più solitario, triste e ingannevole dell'analista che installatosi in un sapere tutto pieno si creda "il solo", immunizzandosi dal desiderio di legame e confronto con l'altro.
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