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Editore: Paolo Loffredo
Reparto: Filosofia antica, medievale, orientale
ISBN: 9788899306977
Data di pubblicazione: 30/11/1999
Numero pagine: 144
Collana: Philosophikè sképsis
«Non svegliare il can che dorme», «I vicini hanno la vista più acuta delle volpi», «Storie di vecchie», «Difficili le cose belle», «Il canto del cigno», «Temere la propria ombra»: sono solo alcuni dei proverbi e dei detti comuni che si trovano nei dialoghi platonici e che sono giunti fino ad oggi, vivi ed usati in diversi contesti linguistici, anche dialettali. In effetti nelle rappresentazioni drammatiche costituite dai dialoghi platonici hanno un loro ruolo anche i proverbi, le espressioni proverbiali, le massime, i detti comuni, popolari, derivati dall'uso corrente del linguaggio parlato, o colti, ricavati in genere da Omero e da Esiodo, ma non solo. Sia i detti omerici ed esiodei, sia quelli derivati da tradizioni mitiche o religiose, come per esempio quelle orfiche, sono sempre inseriti a sottolineare svolti significativi delle discussioni, oltre che a "colorire" i vari dialoghi, con i vari personaggi, nelle varie situazioni, ed in questa operazione stilistica spesso Platone ne stravolge i significati, caricandoli sempre di sfumature e di sensi nuovi in accordo con le prospettive filosofiche che a volta a volta sta tracciando. A questi proverbi e detti comuni.
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