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Il visitatore che entra in alcune delle antiche chiese della Sardegna può trovarsi ancora davanti allo spettacolo straordinario di grandi "macchine" d'altare che sovrastano la mensa, mostrando tra cornici e pinnacoli dorati immagini e storie sacre. Sono i retabli, questi fantastici palcoscenici che si aprivano davanti agli occhi dei nostri avi e che al lume delle candele si trasformavano in magiche visioni di paradiso. Essi ebbero ampia diffusione soprattutto nel Cinquecento, quando furono commissionati per qualificare gli altari di gran parte delle parrocchiali e dei santuari isolani. Qui si è voluto tracciare la storia di questi particolari polittici, dal loro primo apparire in Sardegna nel XIV secolo, quando furono importati dai catalani, fino allo scorcio del XVI, quando ormai, con la "scuola di Stampace", si era costituita una corrente sarda di pittura, in cui alla tradizione catalano-valenciana si innestava la sintesi prospettica e formale italiana, dando origine a un linguaggio rinnovato, imbevuto sì ancora di cultura mediterranea, ma in dialettico confronto con le nuove forme di rappresentazione rinascimentali.
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