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"Avadhuta Gita" è una breve opera dell'antica letteratura religiosa Vedica, scritta in sanscrito, molto apprezzata in India dagli Yoghi iniziati e da coloro i quali sono avanzati nel cammino spirituale, ma poco nota al di fuori di quella sacra terra. Tramandata oralmente da epoca remota, fu composta in incerta datazione, collocata attorno al nono o decimo secolo della nostra era. L'autore è considerato dalla tradizione Guru Dattatreya, l'amato Guru Originale (Adi-Guru) di tutti gli yoghi appartenenti a pressoché tutti gli Ordini Monastici dell'India. Il testo rappresenta uno dei trattati preminenti della filosofia Vedica eccelsa, detta "Advaita Vedanta" ovvero Vedanta non dualista. Si tratta quindi del libro più pregevole che contiene le verità ed i segreti del Vedanta e le dirette esperienze dell'auto-realizzazione. Swami Vivekananda, il grande santo, discepolo di Shri Ramakrishna, citava spesso l'Avadhuta Gita. Egli sosteneva che questo canto ed il suo autore aiutino a tenere viva la realizzazione spirituale, affermando la beatitudine della realizzazione dell'Anima. La denominazione Avadhuta Gita si può tradurre come "il canto del liberato". Il termine "Avadhuta" designa infatti un individuo liberato dal condizionamento terreno, che ha raggiunto la completa realizzazione spirituale. Ciò è chiarito, nell'ultimo capitolo della presente opera, dall'analisi della etimologia sillabica di questa parola sanscrita. "Avadhuta" definisce anche un alto grado di iniziazione (sanskara) monastica. Il termine "Gita" significa canto, dato che le vocalizzazioni sanscrite, dette "mantra", si prestano, per la specifica costituzione di questo alfabeto, alla sonorità espressa nel canto, in maniera scientificamente efficace.
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