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La Rivelazione di Gesù offrì e offre una nuova chiave di lettura della struttura delle società e delle forme di convivenza tra gli uomini, spesso in contrasto con l'esistente. Al riguardo J. A. Schumpeter riferendosi alla "prima cristianità", si esprime sostenendo che la Chiesa mirava non alla riforma sociale come fine a sé, ma alla riforma morale, alla riforma del comportamento individuale "concludendo che: la riforma sociale potesse essere semmai, una conseguenza della riforma morale". Perciò, la Chiesa non "tentò un attacco frontale contro il sistema sociale esistente o una qualsiasi delle più importanti istituzioni sociali". La predicazione cristiana ai tempi dei Padri della Chiesa - cioè nei primi sei secoli circa - aveva un aspetto profondamente teologico teso a far penetrare nelle menti degli uomini qualcosa di sconvolgente: essi sono creati da Dio per divenire figli di Dio vivendo l'esperienza terrena sulla base di quanto annunciato e testimoniato da Gesù. È del tutto chiaro che una simile concezione, una volta accettata, induca la persona ad analizzare il ruolo che occupa nella società del tempo e le conseguenze che tale fatto implica, in modo da valutare la propria posizione accettabile o rifiutabile. L'eventuale conclusione negativa non deve favorire - nell'insegnamento che si andava diffondendo - gesti rivoluzionari e/o violenti comunque, ma tentativi di concepire soluzioni solidali, di diffonderle e realizzare così una società più giusta in nome della "rivelata" fratellanza degli uomini. L'adesione generalizzata ad una concezione rispettosa del bene di tutti, poteva - e può - in conseguenza, favorire un positivo cambiamento nei rapporti tra gli uomini e nella struttura dell'organizzazione sociale.
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