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In tempo di crisi, parlare di finanziamenti per i beni culturali sembra quasi sconveniente. Si può intanto riflettere sul ruolo di questo patrimonio in una scuola che sappia interpretare le esigenze di una società più equa. Ma in attesa che le cose si compongano con un nuovo ordine, si può riprendere una riflessione sul ruolo dei beni culturali, a cominciare dal mondo dell'arte, in una società e in una scuola più moderna e più equa che ne sappia interpretare le esigenze e i bisogni. E viene subito da pensare che l'educazione civica, di nuovo introdotta nei nostri programmi scolastici, debba correlarsi a una storia dell'arte che sia davvero una storia della cultura e della civiltà, in un orizzonte aperto di scambi e di dialoghi. Ma resta da chiedersi come tradurle in una pratica concreta; intanto dovrebbe comprendere anche una storia del paesaggio come palinsesto di forme e messaggi da riconoscere e da osservare, quasi da "leggere". E questo dovrebbe implicare un'educazione dello sguardo, l'attenzione alle cose e al loro comporsi in un quadro unitario, in un insieme carico di storia e di senso. In questo caso si tratta di costruire un metodo, una logica percettiva delle forme e dei loro significati, come ci hanno insegnato i grandi maestri delle arti figurative. Non una disciplina, ma una cultura diffusa, una conoscenza di ciò che sta intorno e del suo linguaggio molteplice.
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