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Il Medioevo italiano ha inventato, secondo Stendhal, la passione perché ha creato la città libera che era una società della passione. Nelle città italiane del XII, XIII e XIV secolo regnavano il caos, la lotta delle fazioni, i massacri, le vendette, le proscrizioni, le catastrofi, segni evidenti di vitalità. Regnava, in esse, il fuoco sacro dell'energia e della libertà. Poi, con l'avvento dei tiranni, loro pure figli della libertà e della passione, nel tempo del riposo e della distensione che succede alla crisi, l'energia combattente non ancora spenta si è mutata in energia creativa, dando vita a quel felice connubio tra forza e bellezza che produsse la civiltà del Rinascimento. Con "L'Italia nel 1818" Stendhal vuole offrire una interpretazione antropologica del mito dell'energia italiana, di cui in "Roma, Napoli e Firenze nel 1817" e nella "Storia della pittura in Italia" aveva fornito tanti esempi. La sua lezione sul Rinascimento come apogeo dell'energia individuale e anarchica rinascita della carne non cadrà nel vuoto. Nella seconda metà dell'800 e verso la fine del secolo, menti come quelle di Burckhardt, Nietzsche, Taine e Warburg sapranno farne tesoro.
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