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Editore: ABE
Reparto: Storia d'europa
ISBN: 9788872974896
Data di pubblicazione: 15/11/2024
Numero pagine: 291
La Terra di Lavoro è una delle quattro parti in cui si divideva il Regno di Napoli, così chiamato dalla sua capitale, ch'è Napoli, oppure Sicilia di quà dal Faro: Terra di Lavoro, Abruzzo, Puglia e Calabria, a loro volta, si frazionavano in dodici Province. Poichè la parte di Terra di Lavoro coincideva con la Provincia di Campania era anche chiamata Campagna Felice, volgarmente detta Terra di Lavoro, ma non con capoluogo Caserta, come spesso si sente erroneamente ripetere, essendo solo la metropoli sede del Tribunale provinciale. Quindi la provincia di Terra di Lavoro, altrimenti detta Campania o Campagna, aveva per capoluogo la stessa capitale del Regno. Infatti la Terra di Lavoro ha Napoli per sua Capitale, città antichissima, residenza del Sovrano, e Metropoli del Regno dal tempo degli Angioini. Per quel che riguarda il Tribunale o Regia Udienza Provinciale si può aggiungere che è formato da un Preside Militare o Governatore dell'armi, un Caporuota e due Uditori, unitamente agli Avvocati del Regio Fisco, e de' Poveri e vi lavorano un Segretario ed un Mastrodatti con i Subalterni per le informazioni, un Maestro di Camera o Esattore de' Proventi Fiscali. Oltre il Tribunale, in ogni Provincia vi è il Percettore, o Tesoriere per gl'interessi del Regal Patrimonio. La Provincia di Terra di Lavoro tiene il solo Commessario togato detto della Campania, il quale giudica in tutta la provincia e ne regge il Tribunale militare in subordinazione all'Udienza Generale di Guerra, e Casa Reale. In Campania vi è altresì un Sovrintendente, il quale, da Caporuota del Sacro Regio Consiglio, rivede le cause qualora vengono richieste. Lasciata Roma, infatti, immettendosi sull'Appia, imperatore-re e vescovo, fecero ritorno a Capua Noba, cioè puntando dritto a Beroli, come si conferma nella Vita di Athan, in quanto, per dirla con Cilento, mossero per Veroli verso la Campania. Santa Maria quindi nasce come episcopio di Capua che, resosi comune indipendente, inglobò il territorio della Chiesa di S.Erasmo, di San Pietro ad Corpo e il luogo dei ruderi dell'anfiteatro definito Parlascio e volgarizzato in Parolascio, Barolascio, Varolasio, Barolesi o Baroli. Altro grande segnale viene dal canonico capuano Monaco, il quale, nel 1630, pubblicò il Sanctuarium Capuanum, uno studio in cui si attestava l'esistenza di un mosaico che ornava l'abside confermando che S.Maria era la Cattedrale di Capua chiamata Santa Maria Suricorum o Santa Maria Gratiarum oppure S.Maria Maior. Nel 1600, cioè, nell'abside della Chiesa di Santa Maria Maggiore di Capua si potevano ancora vedere la iscrizione del vescovo Simmaco, Sanctae Mariae Symmachvs Episcopvs, con cui dedicava alla Madonna il sottostante mosaico di vari motivi ornamentali di volatili fra le piante, e, guardando con attenzione, si scorgevano anche due topi vicino ad un vaso di fiori, sebbene potessero rappresentare dei conigli. Quelli che Alexii Symmachi Mazochii, nel suo Commentarii del 1744, chiama chiaramente sorices prope vas florum nell'abside della Chiesa dove campeggiava l'immagine della Madonna con Bambino nel mosaico distrutto l'anno prima, nel 1743, durante i lavori di ristrutturazione. Secondo la ricostruzione del Monaco, il mosaico era dell'anno 950, ai tempi del vescovo Simmaco (presente nei documenti dopo il 900), sebbene il Mazzocchi lo retrodatasse all'anno 431, indentificando l'alto prelato con uno dei due vescovi che assistettero alla morte di San Paolino da Nola, come si apprende da un passo di una epistola di Uranio, perchè non v'è nessun Simmaco nella cronologia dei vescovi capuani e perchè l'affresco aveva delle affinità con quello voluto da Sisto V nella chiesa romana di Santa Maria Maggiore in cui compaiono anche dei sorci.
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