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Lo scoppio di Pozzuoli. Tripergola e S. Spirito inghiottiti dal monte nuovo. 1538
Bascetta Arturo

Lo scoppio di Pozzuoli. Tripergola e S. Spirito inghiottiti dal monte nuovo. 1538

Editore: ABE

Reparto: Storia d'europa

ISBN: 9788872973455

Data di pubblicazione: 15/10/2024

Numero pagine: 146

Collana: Dissertazioni & conferme


39,00€
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Sinossi

Il terremoto che colpirà Pozzuoli, in realtà, aveva già dato i primi segnali, delle avvisaglie, la mattina del Sabato Santo, in quel di Napoli, come raccontano i cronisti. «Hora venendo l'anno 1538, et appripinquata la primavera stando le brigate la matina del sabato santo à gl'offici divini, et li sacerdoti legendo le profetie, venne all'improvviso un tal terremoto che sì per far cadere le chiese, e l'altri edifici, però che fu validissimo, et estraordinario. E e durò assai talché lasciati l'officio divini tutti spaventati se ne uscirno fuora de le chiese, e fu pericolo, che molti premendo l'uni à l'altro per la fretta non s'affocassero alle porte nell'uscire. Il che da savij fu per presago de futuri mali interpretati, onde le brigate remasero sbigottitei, e di mala voglia. Ne questo solo terremoto fu quello anno, perciò che venendo l'estate continui terremoti travagliorno Napoli, e Pozzuoli cossì lo giorno, come la notte, e massime nell'intrar del'autunno, in modo che molti per tema, che le case non cadessero a loro à dosso, dormivano per le piaze, e ne li campi. Ma come il sole entrò ne la libra, li terremoti furno più spessi e finalmente la sera precedente alla Festa di San Michele Arcangelo, e per dir meglio di San Gennaro, verso le due ore di notte, se sentì un valido terremoto, al quale seguì un gran tuono, come de molte bombarde sparate insieme, ne sapendi che rumore fusse quello, uscirono a le piazze le genti domandando l'un l'altro che cosa fusse. Ma non sterro molto in questo dubio, che furno chiariti da poveri pezzolani, che con le loro dobbe e figlioli a Napoli se ne fugivano, ma d'una continua pioggia de cenere, che fu tutta quella notte, e s'intese come sopra il Lago Lucrino, che Trepergola se dice, un tempo, era emersa una voragine, che haveva sollevata la terra a guisa d'un colle in alto e dindi apertasi, di sopra, haveva fatto quel tronitro, con haver mandato fuori fiamme di foco, e calliginosi nubbli di cenere, e pietre arse, e ch'il mare di quel lido s'era per molti passi retirato a dietro, perche quel spirito vehemente, e solfureo, che haveva tanto tempo scossa la terra passando per li luoghi cavernosi, bituminosi, e sulfure sotto la terra, e fatto perciò potente, et impetuoso, non havendo esito tale, che havesse possuto senza far altro molini esalare, ansò la terra in alto, e fe quella voragine, mandando fuori con eimpiti, sassi, fiamme, cenere, e caligine, che à guisa d'un gran arco celeste miccante de fiamme e faville s'alsava denso, e caliginoso, e volava per l'aria con continuo corso verso Levante.». Osservarlo e ascoltarlo, già la prima volta, fu un tutt'uno e conseguenza del fatto rivelatorio. Un fluire incandescente di pensieri, sillabe, frasi e parole il manifestarsi del logos; come immaginavo avvenisse sotto i portici dell'Accademia di Atene. Presentazione di Gianni Race. Introduzione di Andreana Illiano.

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