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Editore: ABE
Reparto: Storia d'europa
ISBN: 9788872971048
Data di pubblicazione: 15/10/2023
Numero pagine: 144
Collana: Donne reali e uomini d'arme
Consalvo de Cordova fece il suo ingresso nel Regno in maniera esemplare, impossessandosi direttamente, durante la marcia, di molte Terre, senza fare nemmeno rumore. Inizialmente strappò tutti i territori possibili ai Francesi, lasciando credere agli Aragonesi di Napoli di stare al loro fianco, ma nel nome di Ferdinando il Cattolico, estromettendo di fatto Re Federico. Il suo titolo di prorex gli permise di liberare e di appropriarsi delle Terre e delle Università comunali, senza neppure conquistarle. Bastava dimostrare sulla carta che gli Spagnoli erano lì per proteggerle dai Francesi, ottenendone in cambio la sottomissione, in forma privata o riconosciuta che fosse, almeno fino a quando lo avesse voluto la Regina Isabella di Castiglia. Il futuro del Regno fu quindi nelle mani del Gran Capitano di Spagna, il quale, in via ufficiosa, già tramava per il passaggio del titolo da Ferrandino al fratello del padre (s'era sparsa la voce che Alfonso II fosse già gravemente ammalato), cioè allo zio Federico IV d'Aragona (1452-1504), in quanto meno si intendeva di cospirazioni e risultava molto più malleabile. Mai turbato dalla luogotenenza regia, in realtà nelle mani della sirocchia Giovanna III, sorella di Ferdinando il Cattolico, e mai interessato alla carica di primo Viceré, Consalvo finì col perdere il senso della misura, immaginando di essere egli stesso il Re. Le sue conquiste, i suoi discorsi al parlamento, l'eccessiva napoletanità e soprattutto l'appropriazione di infiniti beni, convincono il sovrano a sopprimere il suo incarico per instituire il viceregno e degradare Napoli dal titolo di Capitale. La sua amata Regina era ormai passata all'altro mondo quando il sovrano si risposò con l'erede francese del mezzo regno siciliano, riunificando il Sud senza più la necessità di un generale. Da qui l'esilio in Spagna, ma senza perdere la grinta, che lo porterà a voltare le spalle al sovrano, per sostenere le idee degli eredi aragonesi esiliati a Valenza e della figlia Giovanna la Pazza, vera erede dei castelli di Castiglia, segregata dal padre. Troppo tardi.
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