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Nell'ottobre del 1837, all'età di diciannove anni, Karl Marx invia a suo padre un singolare romanzo in occasione del suo compleanno. Si tratta di un testo bizzarro intitolato "Scorpione e Felice": un anti-romanzo in cui la penna critica del giovane Marx mette a nudo con sottile umorismo il moralismo filisteo che caratterizzava la borghesia berlinese della prima metà del secolo XIX. Come afferma Claudio Magris questo scritto curioso, che "consiste in una serie di vagabonde divagazioni, completa mente prive di trama, sviluppo narrativo e di segno di personaggi", diventa "il pretesto per beffardi excursus politico-letterario-filosofici". La critica pungente e gravida di ironia verso la classe politica della Berlino che Marx, ancora giovane studente, frequentava all'epoca dei suoi primi studi universitari; la parodia dei grammatici eruditi e degli accademici; l'ironia antiromantica; la caricatura della scuola storica del diritto; la demitizzazione e l'accesa verve satirica caratterizzano l'opera che ci rivela un Marx inedito e frizzante. A controcanto di questa scrittura, il lettore troverà le caricature dell'amico di una vita, Friedrich Engels, vignette altrettanto inattese e pungenti, condite dal sale della derisione arguta e dall'umorismo piccante nei confronti della società del tempo. Introduzione di Gabriele Pedullà e una nota di Claudio Magris.
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