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Editore: Aboca Edizioni
Reparto: Scienze sociali
ISBN: 9788855232036
Data di pubblicazione: 27/06/2025
Numero pagine: 560
Traduttore: Mancini G.
Collana: Saggi
Le rovine emergono ai margini delle culture e delle civiltà come fenomeni sincretici e a seguito di un atto di traslazione dal passato al presente, da ciò che è scomparso a ciò che è sopravvissuto. Sono alter ego di ciò che è lasciato incompleto e rappresentano un monito ai costruttori di monumenti. Oggi, in quello che definiamo mondo civilizzato, l'uomo persegue spesso pratiche che minano i suoi valori. Sa perfettamente che deve prendersi cura delle risorse della terra ma continua ad adottare un sistema economico basato sulla "distruzione creativa". Non solo si dedica a queste forme di sfacelo ma le ha anche rese protagoniste della sua tradizione artistica. La rappresentazione delle rovine sembra infatti suscitare un grande fascino nell'uomo fin da sempre: dalla storia della caduta di Troia alla "pornografia delle rovine" contemporanea, l'uomo è attratto dalla vista di ciò che è distrutto, danneggiato e decaduto. Coprendo una vasta gamma cronologica e geografica, dalle antiche iscrizioni egiziane ai memoriali del XX secolo, alla ricerca dell'impatto che le rovine hanno esercitato sulla storia dell'arte e della letteratura occidentali, Susan Stewart si è imbattuta sul rifiuto e la trasformazione della classicità da parte degli ambienti cristiani, sulla proliferazione di immagini di rovine nelle rappresentazioni allegoriche rinascimentali, su antichi siti di disastri e su giardini ornati con rovine artificiali. Le opere d'arte rivelano molto dell'atteggiamento che l'uomo assume nei confronti della materialità, perché rappresentano ciò che egli trova particolarmente attraente e richiedono discernimento e cura, e costituiscono la miglior riflessione che egli può produrre sui limiti e sulle possibilità del significato. Attraverso le immagini delle rovine, gli artisti e gli scrittori hanno infatti cercato di ripristinare principi morali e insegnamenti osservando la fragilità e l'inevitabile mortalità delle forme create con intenzione: Goethe, Piranesi, Blake e Wordsworth, ad esempio, hanno trovato nelle rovine un mezzo per reinventare la propria arte. In questa prospettiva, considerando l'era antropocentrica che stiamo vivendo, la natura non costituisce più lo scenario della creazione umana; piuttosto, il mondo degli uomini è diventato il teatro in cui si manifestano i fenomeni della natura. Forse, guardando al di là della dimensione del disastro che a tratti sembra inevitabile, potremmo scoprire in questa storia di rovine qualcosa di effimero - al tempo stesso bello e importante - che può guidarci verso la vita. Questa vita terrena di tempo e di processi naturali, il filo d'erba che si apre un varco nella pietra.
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