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Editore: Studium
Reparto: Filosofia occidentale moderna
ISBN: 9788838253799
Data di pubblicazione: 21/06/2024
Numero pagine: 160
Collana: La dialettica
Questo libro risponde all'esigenza di assegnare alla passività il ruolo cruciale che le spetta. Essa ha svolto un ruolo importante nella determinazione di ciò che è stato pensato in una parte della filosofia contemporanea, anche come sfondo di costruzioni concettuali non direttamente riferibili ad Edmund Husserl, il pensatore della passività con cui ha inizio il percorso dell'indagine. La passività costituisce il terreno privilegiato su cui si può, oggi, continuare a pensare. I poli del percorso sono le lezioni husserliane sulla sintesi passiva, e il saggio di Emmanuel Lévinas su ciò che è altrimenti che essere, ossia è al di là dell'essenza. Nello spazio tra di essi sono collocabili le differenti tracce della passività rinvenibili in Martin Heidegger e in Sigmund Freud. I due poli si richiamano reciprocamente e devono essere pensati insieme. La presenza della grande opera di Lévinas è centrale e attiva fin dall'inizio. La vita passiva non è un obiettivo da raggiungere, guidati da una volontà razionale prometeica. Piuttosto, essa ci viene assegnata dal destino: si rende visibile così la luce complessa di un'etica non risolta nella pura normatività. Si tratta di un'etica complessa, difficile e incerta perché non normativa, e dunque sottratta a quella che sembra ma non è la sua connotazione essenziale. Vi si affaccia come in controluce l'immagine di un'"altra etica" destinata a sostituirla. Vi è da chiedersi se l'ambiguità antinormativa di un'"altra etica" non coincida con la natura passiva di quest'ultima: avremmo perciò non la teoria di un'etica passiva, ma un'etica che è in sé passività. Praticare con il pensiero la passività non equivale ad evocare la rinuncia quale modo di essere nel mondo. L'orizzonte esistenziale teorico e pratico cui sovraintende la passività si schiude ai nostri occhi se ne comprendiamo la potenza di trasformazione positiva della struttura della nostra vita. Siamo chiamati ad accogliere, nel nome della passività, una prospettiva di rivoluzione non diversa dalla possibilità di accesso alla trascendenza.
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