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"Daccourdou", un'espressione presa in prestito dal linguaggio corrente di Tunisi, ci dice che c'è una relazione fra il popolo tunisino e quello italiano, una storia che nei secoli ha visto le genti italiane realizzare insediamenti, architetture, opere edilizie e manufatti sul suolo tunisino. Relazione che trova una sua manifestazione nella mostra presentata al Museo Nazionale del Bardo, dove le opere di Giovanna Silva, Claudio Gobbi e Tommaso Fiscaletti dialogano con quelle ideate da Souad Mani, risultato di incarichi affidati ad artisti che, per loro specifiche peculiarità e modalità espressive, sono stati invitati a interpretare luoghi, eredità culturali e architettoniche, relazioni e memorie di intere comunità, collaborazioni in atto fra associazioni e aziende italiane e tunisine. Daccourdou vuole essere ben più di un'esposizione di opere: una testimonianza di quanto solida e sincera sia ancora oggi la relazione fra due Paesi che si guardano da una costa all'altra del mare Mediterraneo.
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