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Da decenni lo shtetl ebraico di Kreskol vive in tranquillo isolamento in una selvaggia foresta della Polonia orientale, ignaro delle guerre che sconvolgono il mondo e del suo turbolento viavai. Un mattino però Pesha Lindauer, una giovane donna reduce da un burrascoso divorzio, scompare senza lasciare traccia. I rabbini e gli abitanti di Kreskol piombano nel panico: da centoundici anni nessuno oltrepassa i boschi che cingono la piccola città. I rabbini decidono allora di inviare un messaggero nella città di Smolskie per allertare le autorità e la pericolosa missione viene affidata al giovane Yankel, apprendista fornaio e mamzer - un figlio bastardo, ripudiato dalla comunità. Yankel riuscirà a raggiungere Smolskie sano e salvo - ritrovandosi catapultato in una città polacca del Ventunesimo secolo, con altissime torri scintillanti di vetro e acciaio, carri che sfrecciano senza cavalli e dipinti animati che mutano forma. E le sue disavventure porteranno di lì a breve al ritrovamento dello "shtetl perduto" - evaso dalla Storia, sfuggito per caso all'invasione nazista della Polonia e unico sopravvissuto alla Shoah. Con sguardo ironico e profondo, Max Gross riporta in vita il rutilante microcosmo dello shtetl dell'Europa orientale, con le sue credenze, il suo chiacchiericcio in yiddish, la sua ingegnosità e resilienza - ma anche i dubbi e le paure davanti alla frastornante irruzione del progresso. Nell'incontro tragicomico tra Kreskol e l'evoluta società gentile, affronta un tema caro a molti scrittori ebrei americani: l'ineludibile legame tra Olocausto e modernità, e il suo lascito mai realmente elaborato dal mondo contemporaneo. Vincitore del National Jewish Book Award 2020.
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