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La domenica vestivi di rosso
Grasso Silvana

La domenica vestivi di rosso

Editore: Marsilio

Reparto: Letteratura italiana: testi

ISBN: 9788831743129

Data di pubblicazione: 18/10/2018

Numero pagine: 188

Collana: Romanzi e racconti


16,00€
Esaurito

Sinossi

Non è un maschio Nerina, non ha cinque dita per piede come tutti i neonati, ma sei. Non la cresce la sua giovanissima madre di sangue, ma due grasse quasi madri, una col diabete, l'altra senza. Nascondere le dita dei piedi che, nell'immaginario del suo paese, di anno in anno diventano dieci, venti, cinquanta, è la sua prima prova di forza e resistenza al mondo. La seconda, quasi epica, è ammettere che, nonostante la sua bellezza, innegabile quanto la sua sensualità, sono solo i suoi piedi il polo d'attrazione per i maschi. Tutti vogliono, sempre e solo, cominciare dalla svestizione dei suoi piedi per poi magari, svelato l'enigma, non procedere oltre. Quel punto di debolezza, ad arte enfatizzato dal mistero, diventa il magnete con cui, invece, concupire e sedurre, secondo un progetto quasi cinematografico, di cui Nerina scrive il canovaccio negli anni della sua adolescenza, al liceo classico, e dopo, negli anni dell'università a Catania: anni in cui dal Nord veniva sganciato in Sicilia il Sessantotto come una bomba in tempi di guerra. Nerina seduce, recitando il copione di Lolita, Mauro, Emmanuel, Giancarlo, più uomini che ragazzi, non cercando mai l'amore, ma recitandolo l'amore, sul miserabile set della provincia guardona. Nella vita si tiene alla larga dai sentimenti, terreno a lei sconosciuto, terreno minato, ove saltare in aria a ogni passo. Alla vigilia della laurea lo incontra, infine, il personaggio eccezionale che da tempo braccava, invano, per il suo romanzo d'esordio. Lo chiamano «il Professore», si sa pochissimo di lui, se non che alla vigilia della sua laurea, devastato dalla schizofrenia, aveva perso la mente e l'amore della sua Nerina. A sessant'anni vive in una magnifica, persino poetica, follia col suo vecchio gatto Platone, e scrive decine di tesi di laurea per ragazzotte della provincia, mentre lavora, ancora e incessantemente, alla sua, e non intende scriverci la parola «fine», convinto filosoficamente che non si debba mettere punto mai alla Bellezza, né la si possa confinare nella parola «fine» dell'ultimo capitolo.

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