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La cultura popolare inglese venne sconvolta il 6 dicembre 1982, quando il videoclip di "Buffalo Gals" di Malcolm McLaren & The World's Supreme Team fu trasmesso nel famoso programma televisivo "Top of the Pops". Di colpo i codici indecifrabili dell'ondata creativa del Bronx sembrarono rivelarsi in tutta la loro potenzialità. L'impatto fu devastante, benzina gettata sul fuoco, un incendio che fece esplodere l'immaginario ribelle dei giovani neri. Nacque così un movimento dirompente che aveva il suo fulcro nevralgico a Covent Garden, nel cuore di Londra, nella metropoli che più di ogni altra era stata in grado di far dialogare le diverse forme di espressione delle periferie. L'hip hop inglese, facilitato nella sua diffusione dalla cultura dei sound system, riuscì a miscelare le influenze caraibiche, afroamericane e africane in uno stile molto originale, mettendo l'esperienza black british al centro della diaspora atlantica. L'hip hop si inserì in Inghilterra in un momento in cui la musica era in uno stato di evoluzione continua: punk, new wave e synth pop, ma anche reggae, funk, R&B e rare groove. Nel frattempo le nuove tecnologie a basso costo come sintetizzatori, campionatori, sequencer e drum machine avevano dato la possibilità di produrre generi sempre più innovativi. Infatti, nel giro di dieci anni, nacquero altre controculture musicali destinate ad arrivare fino ai nostri giorni: jungle, house, D&B, dubstep e grime. Dalla penna infuocata di u.net, la storia della scena britannica raccontata attraverso una molteplicità di interviste, voci e aneddoti dei protagonisti, schede e approfondimenti sulle fasi salienti del suo sviluppo.
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