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Parlare di cultura in contesti globalizzati significa avanzare pretese di riconoscimento, rivendicare spazi di libertà, reclamare rispetto da parte di quelle maggioranze che, temendo contaminazioni del proprio patrimonio identitario, rifiutano l'alterità e avallano pratiche assimilazioniste. Cultura è appartenenza, sebbene i processi di mescolanza fra le genti sconsiglino di ricorrere ad automatismi. A darsi a tali meccanismi significa infatti incorrere in semplificazioni e pregiudizi, escludere la possibilità di nuove forme di espressione e alimentare forme, anche inedite, di discriminazione. Non assistiamo forse a un'esasperazione del concetto di cultura? La sistematicità del richiamo all'argomento culturale e l'eccesso con cui si tende a categorizzare gli stati personali non rischiano di reintrodurre vecchi mali che si ritenevano ormai superati? Partendo da una riflessione dell'antropologo Marco Aime, nel volume alcuni specialisti del diritto e della pedagogia si confrontano sulla portata, inclusiva o escludente, di un concetto variamente interpretato nella storia ma spesso forse sopravvalutato.
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