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Il post-umano è una delle sfide del nostro tempo. Accelerata con la crisi pandemica, che ha esasperato il divario fra natura, cultura e umanità. Esprime il desiderio (tutto post-moderno) di superare, per quanto possibile, ogni limite che stringe l'umano per riuscire finalmente a liberarsene. È il limite della natura, che appare sempre più come un fardello pesante e insopportabile. Le spinte ecologiche intrigano più le nuove generazioni, ma nelle altre permane (vigoroso anche se dissimulato) il desiderio di governare la natura per non restarne in balìa. Ha buon gioco qui la crescita esponenziale del potere della tecnologia con la (non tanto camuffata) pretesa di offrire anche «salvezze». Tutti terreni fertili per ciò che si va determinando come «post-umano» e lo favorisce: una prospettiva di pensiero (paradigma), ma insieme anche un grande affare, che il mercato ha colto e sa gestire da par suo. Ci si para davanti una «nuova umanità», ma quale? È talmente ignota che non si sa ancora nominarla, definendola «post-umanità». Tuttavia è un «pensiero» in grado di dar ragione di tante tensioni ideologiche, sociali e politiche di questi tempi. «CredereOggi» raccoglie qui e riordina i frammenti di questa questione non per stigmatizzarla, ma per una più completa comprensione delle trasformazioni in atto, che intersecano inevitabilmente (e frontalmente) la teologia con la filosofa e l'antropologia.
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