Le notti di via Bigli. Quarant'anni di confidenza con Raffaele Mattioli di Bacchelli Riccardo; Veglia M. (cur.) - Bookdealer | I tuoi librai a domicilio
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Le notti di via Bigli. Quarant'anni di confidenza con Raffaele Mattioli
Bacchelli Riccardo

Le notti di via Bigli. Quarant'anni di confidenza con Raffaele Mattioli

Editore: Il Mulino

Reparto: Scienze sociali

ISBN: 9788815271419

Data di pubblicazione: 18/05/2017

Numero pagine: 155


15,00€
Facile da trovare

Sinossi

Nei «notturni convegni amichevoli» di Via Bigli, a Milano, in casa del banchiere Raffaele Mattioli, si riunivano, fra le due guerre, intellettuali, politici, scrittori, artisti, banchieri, filologi, professori, giornalisti: insomma, un gruppo di amici, di uomini proteiformi («polìtropi» come l'eroe omerico, Ulisse), ciascuno dei quali manifestava nel lavoro quotidiano il sigillo di una vasta personalità. A raccontare quegli incontri, che si tennero tra l'uscita del suo «Il Diavolo al Pontelungo», nel 1927, e il bombardamento di Milano del 1943, è Riccardo Bacchelli, uno tra i più grandi scrittori del Novecento. «Le notti di Via Bigli» hanno così il pregio di restituire alla nostra attenzione una folla di personaggi da non dimenticare: Angelandrea Zottoli, funzionario ministeriale e critico letterario; Antonello Cerbi, Giovanni Malagodi e Adolfo Tino, «antifascista attivo e cospirante», poi al vertice di Mediobanca; Federico Chabod, Francesco Flora e Piero Sraffa, economista di fama mondiale; Ugo La Malfa, Giorgio Di Veroli, ingegnere e cultore della poesia di Torquato Tasso; l'architetto Giuseppe de Finetti, dall'ingegno «spiraliforme», Sergio Solmi, Gino Scarpa, il pittore Gigiotti Zanini... L'antifascismo di Via Bigli non era quindi la premessa ideologica e la condizione di quegli incontri, ma la conseguenza della profonda e illuminata cultura dei protagonisti di quelle serate, dove una leopardiana «società stretta» sperava di contribuire all'edificazione progressiva di una «società aperta». Non v'era chi non restasse ammaliato da quel clima di fertile ingegno, di amicizia «umana ed umanistica», dove economia, letteratura, finanza, pittura, politica, contribuivano a tessere una «fede operosa» nel bene comune e nel suo retaggio di civiltà.

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